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Insegnare a giocare a Minibasket

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Descrizione

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Ci sono alcune parole, nell’introduzione che Marco Tamantini fa al suo libro, che mi sembra molto importante evidenziare e che servono a inquadrare nel modo migliore questo nuovo impegno editoriale. E cioè, se la sintesi del tutto è il “fare”, le “Conoscenze” non sono sufficienti e devono essere trasformate velocemente in “Competenze”. In queste poche parole credo che si possa racchiudere il senso e il valore di un manuale che è tecnico, nel senso che illustra metodologie e percorsi di insegnamento, ma che parte anche da un presupposto quanto mai irrinunciabile nello sport, se non nella società contemporanea nella quale e ad ogni livello rileviamo gradi di superficialità e di incompetenza abissali, tanto più dannosi quanto più si rivolgono ai più giovani (e perdonatemi l’abuso del “più”, che poi si trasforma in “meno”: meno competenza, appunto, meno senso di responsabilità nei confronti di coloro ai quali ci rivolgiamo, meno desiderio di approfondimento: più in generale, meno cultura, che è il male del nostro tempo). Sarà colpa di questo secolo brevissimo che stiamo attraversando a velocità crescente, degli agevoli strumenti di conoscenza di cui disponiamo, della distrazione di massa che ci ha fatto rapidamente perdere di vista l’esigenza della comprensione reale, del confronto, della valutazione profonda dei fenomeni sociali, politici, economici, anche sportivi perché no, di fronte ai quali ci poniamo con certezze superficiali. Per tutti questi motivi, se l’Autore sostituisce, o meglio unisce come stadio successivo, al termine “conoscenza” (peraltro fondamentale e primo passo indispensabile) la parola “competenza”, sottolineandone l’importanza, non posso che apprezzare quest’opera che, oltre tutto, ha il grande merito di portare un contributo significativo di idee e di esperienza personale in un settore così delicato come l’avviamento dei più giovani all’attività fisica e alla pratica sportiva. Questo manuale nasce dall’esperienza diretta di Marco Tamantini, che conosco e apprezzo da anni e del quale rispetto il rigore scientifico, maturato nell’ormai ventennale attività accademica presso l’Isef di Roma, trasformata dal 2001 nell’Università degli Studi di Roma Foro Italico. Un’esperienza tuttavia maturata sul campo, allenando ormai da diverse decadi, che gli ha consentito di mettere assieme un patrimonio di “conoscenze”, trasformato in quella “competenza” riconosciuta che gli consente di offrire ora, redatto con rigore scientifico, un vero trattato dell’allenamento, nello specifico, del minibasket. Marco Tamantini fa anche una breve storia di questa specialità, nata agli inizi degli anni Cinquanta negli Stati Uniti ad opera di Jay Archer, un oriundo calabrese di prima generazione, originario della provincia di Cosenza che, giunto negli Usa, americanizzò il suo cognome, direttore esecutivo dello Youth Center di Scranton, città carbonifera in Pennsylvania. La valenza educativa di questa disciplina per i più piccoli fu subito riconosciuta tale da spingere lo stesso Governo americano a inviare Archer in Sud America e in Asia per diffondere il nuovo gioco. Che ebbe in effetti un immediato successo, al punto di essere considerato oggi il più valido e insostituibile strumento di avviamento alla pratica della pallacanestro. Da “biddy basketball” a minibasket (il nome glielo dette Anselmo Lopez che per primo lo introdusse in Europa, nel 1964), da oltre mezzo secolo decine e decine di milioni di bambine e bambini si sono avvicinati al nostro sport grazie all’impegno dei tanti istruttori che lo insegnano con grande passione. E molto se ne è anche scritto: il merito di Tamantini è, riconoscendo la necessità di porre un punto fermo nella vasta letteratura sull’argomento, di averne fatto un lavoro di sintesi attraverso le principali fonti che lui cita, ma soprattutto rileggendola attraverso la sua personale esperienza, quella che lo spinge a suggerire “a tutti gli insegnanti di “costruire” un proprio percorso personale senza imitare o, ancora peggio, acquisire passivamente modelli precostituiti e chiusi solo per comodità, spirito di aggregazione o vantaggi personali”. La sua non è quindi una “bibbia” del minibasket, pur realizzandola attraverso un percorso conseguente, arricchito dagli schemi e dai diagrammi che tanto piacciono e che hanno comunque una loro validità: propone invece un punto di partenza, un percorso di “conoscenza” finalizzato a realizzare le “competenze” soggettive di ciascuno. Sappiamo bene che, come il minibasket è il punto di partenza per i cestisti di domani, così, il ruolo di istruttore è generalmente inteso come il primo passo verso una più ambiziosa carriera di allenatore. Lo è gerarchicamente nella scala oggettiva della crescita professionale, lo è ancora di più nel sentimento di chi affronta questa nuova esperienza. Tuttavia va sempre tenuto nel massimo della considerazione il fatto che l’impegno dell’istruttore di minibasket è indirizzato nei confronti dei più piccoli che per la prima volta si trovano ad affrontare un progetto di crescita collettiva, umana e sociale prima ancora che sportiva: attraverso il gioco, e nel mettere assieme individualità così differenti, si comincia a costruire la personalità dei bambini, la loro capacità di apprendimento, il desiderio di socialità, trovandosi ad affrontare un compito estremamente delicato sotto il profilo pedagogico prima ancora che tecnico. E non sempre questa responsabilità, affascinante per quanto pesante, viene tenuta nel giusto conto. L’istruttore, prima che allenatore è e deve essere un educatore, e deve soprattutto insegnare i valori dell’impegno al quale chiama i suoi giovanissimi allievi, ricordando che, nel momento della prima formazione, sono assai più importanti gli aspetti sociali che quelli tecnici: l’educazione, il rispetto delle regole, degli arbitri e degli avversari, lo spirito di squadra che forse nessun altro sport come il basket enfatizza. Poi, è chiaro, viene anche l’insegnamento della pallacanestro, con i suoi fondamentali, individuali e collettivi, con la tecnica di base e progressivamente più avanzata, con i giochi di squadra, portandoli letteralmente per mano - ciascuno secondo le proprie possibilità, e senza lasciarne alcuno indietro - ad apprezzare la bellezza dello sport che hanno scelto di praticare e, anche, a conoscerne la storia, gettando il seme di una cultura che li porterà a comprendere sempre più profondamente quel fantastico mondo di cui ormai fanno parte. Una bella responsabilità, ma allo stesso tempo una grande bella sfida. La stessa che Marco Tamantini ha raccolto ed ha vissuto con successo, e che ora compendia in questo volume, guida preziosa per chiunque voglia intraprendere il medesimo viaggio nella consapevolezza dell’importanza del suo nuovo ruolo.

Mario Arceri

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